Conoscere letizia è stato facile: qualcuno mi ha portato a casa sua, mi ha aperto
la porta di casa. Entrare nella sua camera fisicamente è coinciso con l’entrare in sintonia con la psicologia della sua mamma. Se fossi entrata in un momento in cui letizia non c’era, non avrei sospettato, neanche per un attimo, che è una bimba malata. I colori vivaci delle tende a drappo, le pareti con le immagini applicate di principesse, i giocattoli in ogni angolo, ma, soprattutto, le scarpine da cenerentola e da afta vicino al letto, pronte per essere indossate. Accanto alla tv ci sono corone e diademi, foto di Letizia in piscina, alla fattoria, ai giardini, a Mirabilandia, a scuola con le amichette. Una bimba senza problemi, solo con l’unica preoccupazione della sua età (quattro anni) di giocare e crescere. Ma crescerla è proprio la preoccupazione più grande di mamma e papà, che svolgono il loro compito di genitori come una missione. In questa cornice depongo (con delicatezza) Letizia: bimba di grande bellezza, bene prezioso per i fratellini e per tutti coloro che hanno il privilegio di conoscerla. Letizia è una bimba SMA. Ciò vuol dire che non cammina, non respira da sola (ha un respiratore), non mangia da sola (ha una peg), non parla, non muove il corpo e, cosa più crudele per me, non può sorridere.
Ha come possibilità comunicativa il movimento di un dito della mano sinistra, che piega se tu le chiedi di farti ‘ciao’, e gli occhi, che usa in diverse espressioni per entrare in rapporto con te. Una cosa che sa fare molto bene, come tutti i bambini, e che stringe il cuore sapere che le è indispensabile per farsi capire, è piangere. Diventare tutta rossa, far scendere i lacrimoni ti manda sicuramente in crisi. Subito ti attivi per alleviarle qualsiasi cosa che la può rendere infelice in quel momento.
Ed ecco che ti inventi di essere lei, poi di essere un mago che, ad esclusione, può capire la soluzione di questo gioco misterioso; poi di essere una persona che cerca di usare gli occhi, poi il cuore, poi il cuore, poi il cuore. Ho smesso di scoraggiarmi per il suo sguardo severo (molto, dapprincipio) quando ho sentito per la prima volta il suo richiamo cercarmi dalla stanza affianco. Un sibilo, un po’ più forte del suo respiratore, insistente, sempre più forte. Naturalmente la mamma me lo ha interpretato: è lei la chiave comunicativa per tutti, il suo gancio al mondo. Non stupiamoci di ciò: accade sempre quando nasce un bambino, solo che qui continua, esplorando infaticabile l’universo del domani. Mariangela non è certo una mamma qualsiasi. E’ davvero speciale. Ha una riserva di energia creativa che solo un grande amore può darle. Certamente il suo carattere la porta ad essere così, ma azzardo a dire che la sostengono in ciò l’amore per la sua famiglia ed un oceano di coraggio, che rilanciano Letizia sempre verso la vita. Ogni giorno, in ogni momento Letizia è nella realtà, esattamente come lo è nel cuore della mamma: splendida e, soprattutto, viva. Davvero Mariangela le ha ritagliato un posto nella vita. Il suo posto, perché ogni essere deve averlo. Spesso, quando cammino nei parchi o per strada, mi sembra di vederla nelle bimbe della sua età che incontro, la immagino fare quello che fanno loro: nei gesti, nei giochi, nelle corse. Provo a pensarla in proporzione alle bimbe della sua età, eppure mi sembra sempre diversa da loro. E’ più grande di statura e più cresciuta nella sua serietà. Composta e sempre alla moda nei suoi vestitini, ogni giorno più belli e più ricercati, Mariangela non ha voluto comprare neppure una maglietta con apertura facilitata per diversamente abili. Lei, la mamma, non ha disabilità: tanto può con il suo amore e con la sua pazienza. Occhiali da sole all’ultima moda, costumi colorati, fiocchi variopinti nelle lunghe trecce, smalti brillanti sulle unghiette da principessa.
E poi uscire, vivere sempre con la percezione del mondo fuori. Nessun dolore chiuso fra queste mura (mura?). I ritmi sono quelli sacri della vita quotidiana e straordinari dell’ottimismo. E’ mamma che permette alla voce di modularsi, non gonfiando mai troppo il palloncino della canula endotracheale. Dandole ancora uan possibilità. Letizia è ferma nel letto, Letizia è vanitosa, Letizia ti guarda dal suo lettino, Letizia è molto curiosa, Letizia dorme nel suo lettino, gli uccellini saltellano nel parco sotto casa. Rifletto: cosa più le manca? Il contatto fisico: le piace essere coccolata, sentire ‘fisicamente’ cosa è per gli altri. Sta spesso sul divano tra i fratellini; Andrea spesso si siede sul suo letto e la ‘tortura’ e lei vuole le attenzioni di tutti, come a dire: “E’ con il corpo che manco, è con il corpo che voglio”.
D’accordo con il Vescovo, facciamo catechismo per prepararla alla Santa Comunione, per il prossimo anno, quando suo fratello più grande riceverà la Santa Cresima e, a tale scopo, io e l’altra infermiera ci avvaliamo di sussidi che Letizia segue con stupore. D’estate va in meridione dai nonni e, quest’anno, è andata in campeggio a Gardaland, dove ha conosciuto Gigi D’Alessio e la mamma sta organizzando una crociera assieme ad un’altra famiglia con un bimbo SMA. L’ho visto un giorno, nello schermo del computer portatile, sul letto di Letizia che parlava con lei, in diretta, tramite collegamento webcam ed ho pensato che la tecnologia è meravigliosa: accorcia le distanze ed annulla l’handicap della fisicità.
Così, la vita di Letizia viene ritagliata dalla realtà com’è: sempre diversa, scorrevole come l’acqua. E così, per forza, si dissolve il quotidiano: trascinato dall’impeto di questa corrente, mossa dall’amore e che l’amore sempre cerca, scavando nelle nostra vite che si fanno dono ogni giorno.
Ti vogliamo bene Letizia.
Le tue infermiere.